taggiasca.com
l'oliva in letteratura:
Giovanni Boine

-

olive taggiasche Giovanni Boine (Finalmarina (SV), 1887 - Porto Maurizio (IM) 1917) parla con altissima lirica della località di Lecchiore in comune di Dolcedo, dove si trovava la "casa del nonno", zona di media altitudine e di grande pregio ambientale.
Da visitare il corso del torrente Prino con i famosi "laghetti".

I brani qui riportati sono tratti da La crisi degli ulivi in Liguria, in "Imperia in inchiostro di china", edizioni Azienda di Soggiorno e Turismo di Imperia, 1976.

La casa del nonno

Si vende qui su in vallata, a dieci chilometri dal mare, sopra Porto Maurizio, la casa di mio nonno. Casa fra gli ulivi, con vigna ed orto, casa a due piani, a mezza collina, con loggiati, con terrazze, casa salda, grande, nella via mulattiera con stalla e con fienile, ampi:
- si vende.

Or è trent'anni mio nonno vi convitava frequente gli amici. Amava i conviti mio nonno, con commensali arguti, con canonici di gran ventre e di ingegno sottile a capotavola, con dispute cavillose di giurie, sebbene non fosse avvocato. Era uomo all'antica, signore nel tratto, rispettato in vallata, buon proprietario d'oliveti. E poichè gli oliveti rendevano allora assai olio ed assai denaro, generoso ampiamente del suo e frequentemente e gioiosamente con amici e canonici, banchettante. - Ma poi maritò le figliuole, ma poi gli oliveti non resero più. Tristezze, strettezze, agonia. Ed ora vendon la casa.

Storia arida di per sè, arida e breve sebben io da ragazzo ne fossi commosso e fantasticassi; mi pare di farne un romanzo; ma pur storia non mia a guardarla fino in fondo, storia di molti, storia economica di tutte queste nostre vallate.

(....)

la cattedrale degli ulivi

(...)

Ed ecco le fatiche fatte sante, ed ecco ... Le fatiche! Lavoro tenace, lavoro rude, lavoro anche di notte. E qui non v'è aratro, qui non v'è ordigno, qui i solchi si fanno a colpi violenti di bidente, uno dopo l'altro, duri, violenti rompendo il terreno compatto e argilloso. Terreno avaro, terreno insufficente su roccia a strapiombo, terreno che franerebbe a valle e che l'uomo tien su con grad'opera di muraglie e terrazze. Terrazze e muraglie fin su dove non cominci il bosco, milioni di metri quadri di muro a secco che chissà da quando, chissà per quanto i nostri padri, pietra per pietra, hanno con le loro mani costruito. Pietra su pietra, con le loro mani, le mani dei nostri padri per secoli e secoli, fin su alla montagna! Non ci han lasciati palazzi i nostri padri, non han pensato alle chiese, non ci han lasciata la gloria delle architetture composte: hanno tenacemente, hanno faticosamente, hanno religiosamente costruito dei muri, dei muri a secco come templi ciclopici, dei muri ferrigni a migliaia, dal mare fin in su alla montagna! Muri e terrazze e sulle terrazze gli olivi contorti a testimoniar che han vissuto, che hanno voluto, che erano opulenti di volontà e di forza; (...)

Perchè gli ulivi lentissimi a crescere, tardissimi a dare, solo i popoli ricchi li han coltivati; solo le generazioni a cui altre generazioni han tramandata una ricchezza sicura; (...)

E qui i padri han faticato pei figli e nepoti, qui ogni generazione visse degli sforzi della generazione passata e lavorò per la generazione veniente.

Ulivi, uliveti che pianti e che durano millanni; ulivi, uliveti dappertutto! il prato diventò uliveto,il campo uliveto, la vigna uliveto, il bosco in alto faticosamente, dolorosamente, tenacissimamente uliveto.

E l'opera trionfale della razza, di tutta la razza fu compiuta. Come il popolo di una città medioevale, la cattedrale sua, così noi nei secoli. Secoli di stenti, secoli di fede chiusa. Colpi di bidente, pietra l'una sull'altra a fatica: pareva avidità di possesso ed era nell'oscuro, nelle torpide volontà del volere, la coscienza d'una razza, la forza di una razza, la sicura religione di una razza. La nostra cattedrale! Gli uliveti folti, boscosi, d'argento per tutto! avevamo fatto il nostro destino, il destino nostro e da ora conchiuso; i padri finalmente avevano fissato il nostro destino. E noi fummo fra gli ulivi come un popolo antico nella sua cattedrale: ogni nostra speranza era lì, ogni nostra sicurezza era lì, negli ulivi. (...) E noi fummo dunque, per fatica dei padri, uomini in cospetto del mondo e pacifici e ricchi.

(...)

I poveri, nel decadere dei ricchi, parevano dapprima impinguare. Comprarono dapprima, avidi, dai ricchi, coi risparmi di chissà quanto; ed a me ragazzo, pareva che il loro salire fosse un trionfo fatale e giusto. Ma alfine (ecco qui che io finisco ora la storia) alfine chi era ricco si trovò povero e chi era povero, chi si curvava ogni giorno sulla terra arsiccia e dura, chi la rompeva ogni giorno a gran colpi di bidente lucente, chi la fasciava, l'avviluppava della sua anima schietta, chi le dava tutta quanta la forza dei muscoli mai riposati;chi era povero e faticava, rimase povero e faticò.

Da vent'anni! Ecco la storia; storia semplice, storia poco importante di sette od otto vallate coltivate ad olivi in Italia, in Liguria, in un bel angolo di Liguria dove c'è al mare Alassio, Sanremo e Bordighera a delizia di tutti i felici del mondo.

aido - Associazione Italiana Donatori Organi



barra Torna alla pagina precedente Livello superiore I produttori Mappa del sito Pagina iniziale Cerca in taggiasca.com E-Mail Copyright


Indietro | Livello superiore | Produttori | Mappa del sito | Pagina iniziale | Cerca | E-Mail


copyright © 1999 - 2001 by It-Web Information Technology - all rights reserved